Quello che vedete qui in foto è un foglietto di un sindacato che sintetizza, in modo anche troppo brutale nella schiettezza delle sue rivendicazioni, il modo con cui gli italiani (quasi tutti) considerano il rapporto fisiologico e desiderabile tra Stato e cittadino. Secondo tale modo di pensare, preponderante nel Paese, lo Stato dovrebbe prendersi carico del destino economico di tutti i cittadini creando esso stesso reddito per loro. Lo Stato dovrebbe quindi o mantenere sine die i cittadini che non lavorano oppure (si noti, in seconda battuta) creare posti di lavoro per loro (non importa se utili per la collettività).
Come siamo giunti, in Italia, a una tale immorale degradazione servile del rapporto tra una cittadinanza che chiede prebende e uno Stato signorile che dovrebbe elargirle? Quello che sembra un pervertimento di natura antropologica è, alle sue origini, un pervertimento istituzionale: uno Stato eccessivamente invischiato negli affari economici dei cittadini, che impone un peso burocratico indegno e idiota a tutti gli agenti economici, e che ha in mano o che comunque dirige più o meno direttamente gran parte del Pil nazionale, debilita sé stesso e compromette in maniera irreparabile il rapporto con la cittadinanza, quindi la stessa democrazia.
Come ben descritto da Friedrich von Hayek, premio Nobel per l’economia, nel suo “La via della schiavitù” (https://amzn.eu/d/fhjfavH) lo Stato pianificatore e accentratore (agli estremi, lo stato socialista, nazista e fascista) non può essere democratico, ciò per il semplice motivo che le decisioni saranno prese da una minoranza di persone (un’élite politica) che stabiliranno arbitrariamente quali politiche adottare tra le varie disponibili, ciò che è giusto produrre e ciò che è meglio evitare di produrre, dove dover investire e dove, invece, evitare di investire. Ciò, come dimostrato dalla storia, non permette una corretta ed efficiente allocazione delle risorse e distrugge quindi valore, economie e crescita economica. Anziché affidare ai cittadini queste scelte, nel libero svolgersi delle forze del mercato (e della capacità degli agenti economici di capire meglio ciò che è richiesto dal mercato), lo Stato pianificatore e accentratore ingenera pian piano nei cittadini una degradante mentalità servile: dato che io, come cittadino, non posso nulla o quasi nulla come agente economico indipendente, allora ci pensi lo Stato a mantenermi!
Se questo sentire è massimo nello Stato socialista, nazista e fascista, una gradazione minore di veleno (ma non per questo meno letale nel lungo periodo) è presente nello Stato italiano e nella sua cittadinanza, le cui pulsioni sovraniste covano da sempre e che in questi anni, per colpa dello Stato italiano e della sua classe politica, stanno riemergendo in tutta la loro pericolosità per la democrazia e per il destino economico d’Italia.