Il festivàl (con l’accento così) di Sanremo è l’espressione più pura e spudorata delle pulsioni nostalgiche, passatiste, se non francamente gerontofile e, all’estremo dello spettro della perversione, necrofile del nostro ridicolo, inane, morente e dissociato paese. Un paese i cui cittadini, la maggioranza dei quali sopra i cinquant’anni, indulgono nella contemplazione estatica ed ebete delle loro e altrui decrepitezze, per trarne un godimento parafiliaco. Nel cervello dell’italiano prevale la certezza, inamovibile e inscalfibile, che la ricchezza, la bellezza, la stessa vita stiano solo in un passato tanto favoleggiato quanto, in realtà, mai esistito, e che il futuro sia esclusivamente foriero di cadute e peggio. Dietro questa ostensione di visi stirati, arti ortopedizzati, capelli trapiantati, si nascondono, a distanza di pochi centimetri di pelle ormai diafana, visceri dispeptici, cuori aritmici, cervelli bradipsichici. Nel baccanale geriatrico del festivàl, così saturo del cocciuto rifiuto di tramontare e morire, e da cui cionondimeno suppùra da ogni poro l’ipocrisia del “largo ai giovani”, i giovani sono, in realtà, mere comparse imposte dal politicamente corretto e corrotto di quella messa in scena museale, sono il contraltare servile di chi comanda veramente: i vecchi. Essi hanno tutto, e non vogliono di certo “trasmetterlo” alle nuove generazioni. Essi, i vecchi, hanno tutto l’esistente, anzi hanno preso anche quello che, materialmente, non avrebbero potuto prendersi, se non ci fosse stato lo Stato italiano a permetterglielo: cosa è il debito pubblico se non la sottrazione impunita di risorse al futuro dei giovani e di coloro che non sono ancora nati?
In fondo, al festivàl di Sanremo sta andando in scena la più sincera e plastica manifestazione della negazione del contrasto generazionale in atto nel paese, dell’accettazione supina e passiva delle giovani generazioni del loro ruolo subalterno e servile. Tutto questo, ovviamente, con un bel sorriso stampato in volto: il sorriso servile di chi si accontenta dei resti della festa.