
Fateci caso: gli acerrimi avversarsi del cosiddetto capitalismo o neoliberismo lo sono a parole ma, nelle azioni, ove rifulge la verità, si comportano come se comprendessero e sfruttassero assai bene i vantaggi e i benefici del sistema che aborriscono.
Michela Murgia, pace all’anima sua, da principio (anche) operatrice di call center ha fatto libri ed emesso anatemi contro il precariato e i bassi salari (come se bastasse dichiararsi contro qualcosa per ottenere qualcosa) e si è dichiarata apertis verbis comunista, ma, nelle azioni, ha fatto leverage sulla propria presenza mediatica e la propria (men che mediocre) scrittura per vendere a tante persone i suoi prodotti. Questo è capitalismo.
Diego Fusaro, sedicente filosofo barricadero (a parole), dispensatore massivo di scempiaggini e stantie visioni sulla realtà (frutto diretto del muffito insegnamento di stampo gentiliano che imperversa nelle paludate accademie italiane), si è fatto testimonial di videogiochi, ha venduto suoi video ai suoi sciagurati epigoni, ha fatto come prima leverage sulla propria presenza mediatica e la propria (men che mediocre) produzione filosofica per vendere a tante persone i suoi prodotti. Questo è capitalismo.
Questo per quanto riguarda i cosiddetti intellettuali che non percepiscono stipendi pubblici. Tutti gli altri (e vanno dagli insegnanti di scuole medie inferiori e superiori fino ai cattedratici), e sono i vari Cacciari, Zhok, Barbero, ma molti altri, un vero e proprio pulviscolo che inquina e compromette molecolarmente (come avrebbe detto il loro maestro putativo Gramsci) tutti i settori educativi del nostro ridicolo, velleitario, vecchio e feroce paese, non devono nemmeno prendersi la briga di essere competitivi sul mercato. A loro basta emettere sentenze credendo che le loro vesti paludate di insegnanti e cattedratici bastino a rendere vero o quanto meno credibile quanto vanno dicendo. E su tutto il paese grava una cappa asfissiante di idiozia prodotta dalla loro irresponsabile attività di propalatori di idiozie.
In effetti, tutti ci adattiamo al contesto di mercato in cui ci si trova a vivere. Nel nostro caso, l’Italia, un contesto di pauroso declino morale e intellettuale.