Salpingica spremitura
La tua di noi
Di uterino ostello
Cataletto fetale scampato
Otre obliterato
Conformemente avvolgi
Di serici lembi
Dittatoriale entelechìa
Sovranamente decidi
Del sospiro della specie
Di polmoni silenti
Nell’asfittica cuna
Nell’untuoso guanciale
La vita si nasce.
Nel conchiuso mondo
Lacerti di sangue
Nell’occulta pervietà
L’hortus conclusus
Noi nascenti inumati
In giacitura raccolta
Nel tabernacolo contentivo
Nel viatico ottuso
Al cercine tuo seminifero
Gola infera
Sapida valle
Corrugato velluto:
Lontano la luce.
Sarcofago carnoso
Quale orrore dovresti fare!
Se alcuno incidesse e vedesse
L’impudicizia del tuo farti carne
E farne altra dentro te
Impudicamente
A misura di immagine e di forma
Nessuna bellezza possibile basterebbe
Potrebbe evitarne l’orrore
Al solo annusarti, avvicinarti, figurarti!
Ma quella carne altra carne vuole
Dittatorialmente a spingerne altra ancora dentro
Coattivamente
A farne ancora
A farsi spazio ancora
Sbrecciando alla bisogna
A trovarne ancora penetrando
Inumandosi ciecamente in lei
Ferinamente
Allegramente
La carne nella carne
Addentrandosi
Per scovarne cosa
Se non altra
Altra ancora
Ferinamente
Nel buio che si rischiara
Nel pieno che si vuota
Nel chiaro che si rabbuia
Nel vuoto che s’impiena
Nell’assenza di cosa
Nella presenza di che
Se non nulla di nulla
Di qualcosa di scorto
Sinistramente elusivo
Sì qualcosa forse
Di sempre visto in tralice
Anzi no proprio nulla
Decisamente mai
Niente di niente?